A seguito del I Torneo di Scacchi Palamedes, si terranno tre conferenze a ingresso libero, presso la sede dell’Associazione Archeosofica a Piazza Ungheria, 6.
Sabato 15 Settembre 2018 ore 18:00
“Aspasia e Socrate”
La narrazione possibile di un incontro tra la filosofa Aspasia di Mileto, amante di Pericle, e il celebre Socrate nell’Atene di venticinque secoli fa.
Dopo anni di ricerche e la pubblicazione di articoli e testi sulla figura di Aspasia, la d.ssa Sandra Beronesi ci condurrà in questo viaggio nel tempo e nelle mentalità di popoli e personaggi ai quali dobbiamo le basi della moderna filosofia.
Oltre la filosofia discorsiva, Aspasia testimonia la possibilità per le donne di ogni epoca di vivere l’esperienza della conoscenza della Verità.
Sabato 22 Settembre 2018 ore 18:00
“Il Simbolismo degli Scacchi”
«Il gioco degli scacchi è certo uno fra quelli in cui le tracce del carattere ‘sacro’ originario sono rimaste più visibili malgrado questo processo di degenerazione», dice il Guénon. Già la scacchiera è un vero e proprio mandala che rappresenta un cosmogramma: nei templi massonici il pavimento è a scacchi bianchi e neri, emblema della legge duale che regola l’Universo, della Luce e della Tenebra nell’esistenza terrestre, il Bene e il Male, Yin e Yang, Corpo e Spirito.
Se si cammina sulle caselle ci si trova ad ogni passo circondati da caselle di colore opposto a quella in cui si trova: così chi è su una casella bianca, cioè è in una condizione in cui predomina lo spirituale, si ritrova circondato da ogni parte di materialità contro cui combattere; mentre chi è fermo nel male è limitato dalla Provvidenza che gli circoscrive il suo raggio di azione. Le 64 caselle sono quante le configurazioni dell’I Ching, il principio del 4 nelle direzioni dello spazio (4x4x4).
L’interpretazione simbolica dei pezzi degli scacchi e del gioco nel suo complesso si può leggere a vari livelli: «la vita è una specie di gioco degli scacchi» diceva Benjamin Franklin. Santa Teresa d’Avila nel suo Cammino di perfezione parla del modo in cui si può, metaforicamente, «dare scacco matto» al Re divino, «il quale non potrà sfuggirci, né lo vorrà».
I vari pezzi possono rappresentare i modi di azione e realizzazione a disposizione dell’uomo. Il movimento perpendicolare, che attraversa diversi colori, è logico, virile e rappresenta un aspetto maschile, mentre il movimento diagonale corrisponde a un aspetto più femminile come natura. Il salto del Cavallo corrisponde all’intuizione, cioè alla conoscenza sintetica e immediata non derivante da un ragionamento razionale. Il Pedone, simbolo dell’infanzia, è il pezzo più debole, indifeso ed esposto, ma può arrivare, dopo una lunga marcia, alla trasformazione nel pezzo più potente del gioco: una splendida metafora ludica di dove si può arrivare con la volontà, il ragionamento, la logica e le tecniche di trasmutazione interiore, partendo dalle condizioni più umili.
Sabato 29 Settembre 2018 ore 18:00
“Palamedes, eroe dimenticato”
Non è facile capire l’importanza dell’eroe greco Palamedes (o Palamede) dato che la sua figura non è centrale nei lavori di Omero che conosciamo: ma se si legge oltre l’Iliade e l’Odissea troviamo la descrizione di uno dei più grandi e importanti eroi greci in assoluto.
La sua figura è eccezionale: era uno dei quattro generali dell’esercito greco, e per alcuni divenne per acclamazione il successore di Agamennone come capo supremo delle forze greche. Batteva in intelligenza Odisseo, era leale, saggio, coraggioso, compassionevole, virtuoso; al suo ingegno sono attribuiti l’invenzione delle lettere dell’alfabeto, delle misure, dei numeri, della musica, delle leggi, del calendario, degli schieramenti militari, delle comunicazioni e infine dei dadi e degli scacchi (o più precisamente del “gioco con le pedine”). Da questo punto di vista il suo mito si avvicina molto a quello di Thot (come riporta Plutarco), il quale a sua volta si confonde con la figura di Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dell’Alchimia e dell’Ermetismo.
La sua vita fu tanto nobile e retta quanto la sua fine tragica e ingiusta: Odisseo infatti, infuriato perché fu proprio Palamede a smascherare la sua finta pazzia per evitare di partire alla guerra, fece ritrovare nella sua tenda le “prove” di un suo presunto tradimento, consistenti in una somma di denaro e una lettera in cui Priamo lo ringraziava dei favori, e lo denunciò personalmente. A nulla valsero le arti oratorie dell’accusato (“se avessi voluto tradire non avrei potuto, se avessi potuto non avrei voluto”) e i sospetti di una congiura da parte Odisseo: Palamede fu condannato alla lapidazione, e i Greci persero il migliore dei loro elementi.
La morte ingiusta di Palamede mostra la differenza fra l’ingegno sano, l’intelletto elevato applicato al bene comune e l’astuzia maliziosa, la furbizia declinata nel male, nell’invidia e nella vendetta. E c’è chi dice addirittura che Omero non lo citi nelle sue opere per non mettere in ombra la figura di Odisseo: una sottigliezza che non avrebbe tratto in inganno Dante, il quale metterà Ulisse all’Inferno anche senza citare l’inganno perpetrato al giusto Palamedes.